Fabrizia Capurso – Psicologa Psicoterapeuta

Psicologia e Psicoterapia Cognitiva – EMDR

Il trono di storie

da | Mag 27, 2019 | Attualità, Blog

Gli appassionati della serie Game of Thrones (GOT come viene indicata negli hashtag, il Trono di Spade tradotta in italiano) l’hanno recentemente salutata con la visione dell’ultimo episodio andato in onda in contemporanea con gli Stati Uniti. Ultimo episodio non solo perché più recente ma anche perché conclusivo.
L’enorme mole di investimenti e mezzi, i premi vinti e la costante supervisione di George R. R. Martin, autore del ciclo di romanzi “Cronache del ghiaccio e del fuoco”, di cui il Trono di Spade rappresenta l’adattamento televisivo, l’ha resa una delle produzioni più ammirate degli ultimi decenni. Anche e soprattutto per il suo impatto su un pubblico così vasto, per il numero di persone che l’ha seguito e commentato.

Psicologia della serie e dei personaggi

I personaggi sono tanti. Il continente immaginato, Westeros, è vastissimo. Sono Sette regni con le più importanti casate del continente, con i propri motti e vessilli, intrighi e tradimenti, battaglie e violenze di ogni genere per saziare la fame di potere. Trattandosi della più grande creazione fantasy dell’ultimo decennio, è un mondo abitato anche da creature fantastiche. Gli Estranei sono umanoidi dagli occhi innaturalmente gelidi, che si muovono nella notte, eliminando chiunque incontrino sul loro cammino. Il fatto che i draghi siano allevati come figli dalla loro “Madre” umana affonda le sue radici, al di là dell’immaginazione, nel fenomeno dell’imprinting. Infatti alcune specie di mammiferi e volatili, nell’arco di poche ore dopo la nascita, designano chi è il loro genitore in base all’osservazione diretta.

Ogni personaggio, umano e imperfetto, ha delle particolari caratteristiche e può godere di un certo successo tra i fan. Le simpatie si basano su schemi comportamentali appresi sin da piccoli, riguardanti i concetti di noi e del mondo. I pareri possono anche cambiare con l’evolversi dei fatti, come nel caso di un personaggio ambiguo come Jaimie Lannister.

La Madre dei draghi è Daenerys Targaryen, ultima erede vivente del Re Folle. Le esperienze di vita la segnano e forgiano una personalità narcisistica, di quelle sensibili alle critiche, attente alle reazioni e al possibile tradimento degli altri. Cersei Lannister è l’altra faccia del narcisismo, quello maligno, per cui si è completamente assorbiti da se stessi. Tanto perfida, crudele e vendicativa come regina, quanto amorevole e protettiva come madre, vive in simbiosi e una relazione incestuosa col gemello Jaime. Arya Stark impulsiva e ribelle, smonta i soliti clichè e infrange le regole, manifestando la sua naturale propensione per l’uso delle armi, preferite ad ago e filo. Jon Snow è un giovane mite e talmente rigoroso nel suo senso di onore e giustizia incontrovertibile, da venir colto talvolta da dubbi ossessivi. A questi si aggiungono altre figure psicopatiche, o apparentemente portatrici di una depressione latente, fobiche e traumatizzate.

I fan più sfegatati

È arrivata al cuore dei fan del Trono di Spade la qualità della recitazione, capace di creare, come anticipato anche da sigla epica ed altre musiche evocative, una certa risonanza emotiva (Dinklage ha vinto tre Emmy Awards e un Golden Globe come migliore attore non protagonista).

Tuttavia sembra sia stata colta la volontà di chiudere frettolosamente. C’è chi vorrebbe un finale riscritto, sostenendo petizioni online. Martin è criticato perchè troppo impegnato con la televisione da non riuscire a completare la saga, mancante di due volumi. Anche il regista non è stato risparmiato dalle polemiche per l’episodio della battaglia di Winterfell contro le armate del Re della Notte. La fotografia è stata giudicata infatti talmente scura da render difficile dare un volto alle sagome e tenere il conto dei morti. L’interprete del Capitano Kirk in Star Trek rispose a simili critihe dei fan con un monologo riassunto dall’espressione “fatevi una vita” (“get a life”) nel mondo reale. Simili fenomeni rimandano a un eccessivo attaccamento alle cose materiali. Una zavorra emotiva che impedisce di raggiungere le vette, impantanando in problematiche paludi esistenziali. D’altro canto se la parola “fan” deriva pur sempre, scherzosamente, dall’inglese “fanatic” ci sarà un motivo.

La trama avanza con lo stesso crudo realismo di una tragedia euripidea o shakespeariana. È un destino inesorabile quello cui vanno incontro personaggi apparentemente utili o indispensabili. Una giustizia divina sembra presente ma non del tutto soddisfacente. Il Trono di Spade, pur essendo una serie complessa, dalle scelte narrative opinabili, violenta e sanguinolenta, colpisce e appassiona. Anche per le attese, i commenti a margine degli episodi ed i pronostici sugli sviluppi successivi, il terrore degli spoiler. La condivisione sociale – anche sui social – è un fenomeno che unisce, porta a sentirsi parte dei tanti appassionati. È possibile considerarlo uno degli obiettivi, attesi o meno, degli ideatori di questo gioco dei troni. Volendo utilizzare le parole di una delle scene finali, “Cosa unisce le persone? Gli eserciti? L’oro? I vessilli? Le storie. Non c’è nulla al mondo più forte di una buona storia. Niente può fermarla. Nessun nemico può sconfiggerla”.

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