La teoria dell’attaccamento è il frutto di un lungo lavoro di John Bowlby, attento agli effetti dell’adeguatezza delle cure materne sullo sviluppo del bambino. La base scientifica per la teoria gli viene offerta dall’etologia. Rilevanti gli studi di Lorenz sul modello primordiale dell’imprinting, un meccanismo per cui un individuo nei primi istanti di vita segue in modo automatico qualsiasi oggetto, che identifica come madre, e che può essere la sua vera madre, o un semplice sonaglio, appeso a una cordicella, dondolante davanti agli occhi. Ad avere influenza sono anche gli studi di Harlow sul legame madre-figlio nei primati non umani.
Come si costruisce il legame di attaccamento da bambini
Con la propria esperienza clinica, Bowlby afferma che il bambino possiede una “predisposizione biologica” a sviluppare un legame di attaccamento nei confronti della persona che si prende cura di lui. Questo legame gioca un ruolo cruciale nella vita di un individuo, “dalla culla alla tomba”. Ed è una predisposizione innata funzionale alla sopravvivenza. La separazione del piccolo dalla madre può infatti comportare conseguenze fatali in molte specie animali. Per questo l’attaccamento si attiva in situazioni di pericolo. Il bambino manifesta così i comportamenti dell’attaccamento (aggrapparsi, seguire o vere e proprie manifestazioni di protesta o paura attraverso il pianto). In assenza di pericolo, il sistema di attaccamento si disattiva, consentendo l’attivazione di altri sistemi comportamentali. Ad esempio il comportamento esplorativo fa sì che il bambino possa dedicarsi al gioco perché ha una base sicura. Per base sicura si intende un genitore che lo protegge, con uno sguardo vigile e rassicurante.
L’attaccamento, la base della prima relazione del bambino e di tutte quelle future, fa sì che il bambino impari cosa aspettarsi dagli altri. Si crea un modello operativo interno (MOI), una sorta di copione o di modello interiorizzato a partire dalle primissime relazioni, che contiene una rappresentazione del Sé, degli altri, e del Sé nei confronti degli altri.
Gli studi e le classificazioni dei vari tipi di attaccamento
Mary Ainsworth, una dei più stretti collaboratori di Bowlby, ha messo a punto la procedura della Strange Situation, applicabile tra i 12 e i 24 mesi di vita, per determinare il tipo di attaccamento tra madre e figlio. La procedura prevede una sequenza di episodi brevi e ben determinati e l’introduzione di eventi moderatamente stressanti (ad esempio la presenza di una persona non familiare, l’uscita della madre dalla stanza ed il suo rientro) per valutare la capacità del bambino di utilizzare la madre come base sicura. Sono stati così individuati 4 differenti tipi di attaccamento.
Bambino con attaccamento sicuro
Il bambino classificato alla Strange Situation con attaccamento sicuro utilizza la madre come base sicura per l’esplorazione. Durante gli episodi di separazione dà segno di accorgersi dell’assenza della madre. Questa al rientro viene salutata in modo attivo, con un sorriso, un gesto o un vocalizzo. Se il piccolo è triste o sta piangendo, segnala alla madre di desiderare il contatto fisico o lo cerca attivamente. Una volta confortato dalla madre, torna a interessarsi ai giochi e ad esplorare l’ambiente. Il bambino con attaccamento sicuro svilupperà un MOI basato sulla convinzione di essere amabile e degno di attenzione, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri.
Bambino con attaccamento insicuro-evitante
Il bambino con attaccamento insicuro-evitante è pronto a interessarsi all’ambiente, concentrandosi totalmente su di esso. Manifesta pochi comportamenti di base sicura o di affetto verso il genitore. Durante la separazione dal genitore non emergono segni particolarmente evidenti di disagio. Quando la madre rientra evita di guardarla o finge di non accorgersi del suo rientro. Evita attivamente il contatto con lei e preferisce focalizzare l’attenzione sui giocattoli. Se preso in braccio può segnalare desiderio di essere rimesso giù. Il bambino con attaccamento insicuro-evitante impara a cavarsela da solo, senza l’amore ed il sostegno degli altri. Anche sul piano emotivo ricerca l´autosufficienza, con la possibilità di arrivare a costruire un falso Sé. Svilupperà la convinzione di non essere amato, e percepirà l’altro come rifiutante e perciò inaffidabile. Impara a reprimere (ma non a eliminare) le proprie richieste di attaccamento a fronte di aspettative di rifiuto.
Bambino con attaccamento insicuro ansioso-ambivalente
Il bambino con attaccamento insicuro ansioso-ambivalente manifesta segnali di disagio, di timore o di passività già prima della separazione dalla madre, facendo fatica ad interessarsi ai giocattoli e all’esplorazione dell’ambiente. Durante gli episodi di separazione raggiunge alti livelli di stress e di disagio. Al rientro della madre nella stanza può alternare comportamenti che segnalano il desiderio di contatto fisico e di vicinanza con la madre, con segni di rabbia e di rifiuto, o può apparire passivo ed eccessivamente turbato nel segnalare il desiderio di contatto. Anche quando il genitore lo prende in braccio e cerca di consolarlo, il bambino non riesce facilmente a calmarsi. Il MOI di questo stile di attaccamento è caratterizzato dalla convinzione di non essere amabile, sfiducia nelle proprie capacità e fiducia nelle capacità degli altri.
Bambino con attaccamento insicuro-disorganizzato
Il bambino con attaccamento insicuro-disorganizzato manifesta un comportamento che appare non finalizzato al raggiungimento di obiettivi precisi e difficilmente interpretabile. Può succedere che metta in atto stereotipie, movimenti interrotti o incompleti, espressioni evidenti di paura al rientro del genitore o segni di confusione e disorientamento. Il bambino con attaccamento insicuro-disorganizzato non riesce ad avere un MOI coerente e unitario su Sé e sul mondo. Le rappresentazioni di sé e dell’altro sono multiple, drammatiche e non organizzate.
Chi c’è dietro un attaccamento di tipo disorganizzato
Nella storia delle figure di riferimento di questi bambini spesso ci sono traumi e lutti non elaborati. Può esserci una figura di attaccamento spaventata/spaventante, che diviene per il bambino fonte di conforto e di allarme allo stesso tempo. Di qui la contemporanea emissione di risposte contraddittorie. Il bambino sperimenta la tendenza intrinsecamente contraddittoria sia a fuggire che ad avvicinarsi alla figura di attaccamento. Questo lo porta al collasso delle strategie comportamentali, con movimenti ed espressioni fuori luogo, interrotti e/o incompleti, sopra descritti. L’esperimento di Tronick col paradigma Still Face (2008) mostra le reazioni di intenso disagio manifestate da un bambino di pochi mesi esposto, anche se solo per un tempo brevissimo, alla mancata responsività della madre. Dapprima entrambi sono impegnati in un’interazione giocosa, che poi diventa improvvisamente amimica e silenziosa. Inizialmente il piccolo mette in atto dei tentativi di proseguire l’interazione. Poi c’è lo smarrimento, il pianto e la disorganizzazione.
L’attaccamento adulto
Attaccamento sicuro. Sviluppato da chi ha avuto genitori da cui si è sentito “visto” e protetto e ha ricevuto conforto nel momento del bisogno. Facilita regolazione delle emozioni, comprensione di se stessi, creazione di relazioni reciprocamente gratificanti. Descrizioni e valutazioni delle esperienze d’attaccamento sono coerenti, indipendentemente dal loro carattere positivo o negativo. I racconti sono chiari, rilevanti e ragionevolmente concisi.
Attaccamento evitante. Tipico di chi non è stato “visto” o confortato da uno o entrambi i genitori. Manca coerenza nelle narrazioni, talvolta piuttosto vaghe e generalizzate. Esperienze e relazioni d’attaccamento sono tenute a distanza.
Attaccamento preoccupato o invischiato-ambivalente. L’ambivalenza è frutto di ripetute esperienze di intrusività e/o inaffidabilità genitoriale. Si manifesta un coinvolgimento confuso, passivo o arrabbiato rispetto alle figure di attaccamento.
Attaccamento disorganizzato. L’interpretazione della realtà è oscurata da un velo di confusione e incontrollabilità. Gli stati mentali appaiono disorganizzati o disorientati rispetto a un’esperienza di perdita o traumatica.
Per tirare un po’ le somme…
L’acquisizione del linguaggio rende possibili alcune modifiche ai modelli operativi interni. Altre figure significative potrebbero aiutare a riorganizzare le proprie esperienze precoci, come dimostrano quegli adulti sicuri “guadagnati”.
Si sottolinea nuovamente che i modelli di attaccamento sono dei copioni contenenti le modalità di adattamento alle prime relazioni. Non sono quindi il sintomo di un problema presente in una persona. Semplicemente riflettono le modalità apprese di reagire agli eventi della vita. Avere un modello di attaccamento evitante non significa totale assenza di bisogno di vicinanza e conforto. Tutti abbiamo bisogno di sentirci uniti alle persone a noi più vicine e di sapere che possiamo contare su di loro. Fa parte della natura umana.





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