Per molto tempo il corpo è stato il grande escluso da chi si è occupato della mente umana. La preistoria e la memoria corporea preverbale, inaccessibile alla parola e alla cognizione, sono nel corpo. Ogni corpo, diversamente connotato da biologia e stili di accudimento ricevuti, racconta una storia. Che sia valorizzato o svilito, esibito o nascosto, nutrito o affamato. Al corpo sede dei processi biochimici, di orologi biologici e pulsazioni, si può accedere solo indirettamente attraverso la tecnologia medica. Il mistero dell’interno è protetto dalla pelle, come un muro di cinta all’esterno di una fortezza. Da lì arriva la sensazione del proprio limite di accettazione di una presenza, la distanza che si ha bisogno di lasciare tra sé e gli altri. La breccia nelle mura è creata dalle aggressioni, fisiche e morali. Queste ultime non lasciano cicatrici superficiali, ma memorie che si imprimono in profondità.
La somatizzazione
I disturbi del corpo sono spesso l’espressione di qualcosa che accade più all’interno. Sigmund Freud fu il primo ad intuire l’esistenza di un malessere derivante dal mondo interiore, pur apparendo nel fisico. Colse questo legame tra interno ed esterno, curando le giovani donne della borghesia viennese che si rivolgevano a lui sperando di trovare la guarigione per i dolori fisici che le tormentavano. All’epoca l’isteria era vista come una malattia esclusiva delle donne. Era credenza diffusa che fingessero problematiche fisiche per attirare l’attenzione. Il caso da manuale di Anna O., ventunenne austriaca benestante, le cui condizioni psichiche precipitarono in seguito a eventi di vita, ha consentito al padre della psicoanalisi di giungere a un’importante scoperta: se la mente non riesce a occuparsi di una situazione, sarà il corpo a farlo.
Lì dove la mente non dice, il corpo prima sussurra, poi parla. Può anche arrivare a gridare la sua verità, fino a quando non si presta attenzione al messaggio. Utilizza un linguaggio primitivo simbolico. L’insonnia può segnalare una difficoltà a lasciarsi andare, a morire ogni notte. La nausea assume il significato di un rifiuto di qualcosa lontano dalla propria natura. L’obesità, in quanto stagnazione di lipidi che bruciano poco e male, parla di una vita non vissuta pienamente, con poco entusiasmo e passione, senza una vera spinta motivazionale; l’apporto eccessivo di cibo manifesta un vuoto da colmare. Un dolore alla cervicale può parlare del peso avvertito delle troppe responsabilità. L’eccesso di controllo, il pensiero sempre dominante, potrebbero far comunicare al mal di testa la necessità di lasciare spazio alla creatività e all’improvvisazione. Una dermatite ha a che fare con problemi di “contatto”. Mal di gola ricorrenti possono segnalare la paura di esprimersi, o anche di ferire qualcuno con le parole.
Una memoria corporea e relazionale
Il disagio può rendersi visibile nel corpo, che attraverso la postura racconta una storia relazionale. Postura e vita psichica sono in relazione dall’infanzia. Un elemento basilare di questa relazione è il modo in cui il bambino è stato tenuto dalle persone che se ne sono prese cura. Questo determinerà la capacità di sviluppare meccanismi di adattamento e di gestione delle emozioni, soprattutto di quelle più difficili. Un bambino che si è sentito sostenuto sarà in grado di sostenere anche la difficoltà di stare seduto in classe. Saprà aspettare i momenti di pausa per giocare con i compagni, mangiare e soddisfare i suoi bisogni di libertà e movimento. Il corpo assume posture preparandosi alle risposte motorie adeguate alla situazione: se il bambino riceve una risposta negativa o maltrattamenti, sviluppa una memoria corporea di “attacco o fuga”. Anche nella vita adulta attiverà questa postura quando si troverà in stati di tensione emotiva eccessiva. L’emozione legata a quei vissuti resta impressa nella carne, rafforzandosi quando si verificano eventi che ne suscitano il ricordo.
Sensazioni ed emozioni inibite e trattenute, che si sono cristallizzate nel tempo, si trasformano in stereotipi mentali e comportamentali, movimenti interni e intenzioni inespresse, espressioni del viso, rigidità muscolari, errate posture. Quando la reazione di chiusura e contrazione dell’organismo diventa cronica, crea una serie di blocchi fisici che si ripercuotono anche sulla psiche, provocando disagi e malattie più o meno gravi, malattie psicosomatiche dell’apparato muscolo-scheletrico, come dolori acuti o cronici alla schiena, alle spalle o in altri punti.
La postura e l’umore
La postura è il nostro biglietto da visita: dice molto dello stato d’animo che si sta provando. Ma non è solo lo stato d’animo a influenzare la postura: è vero anche il contrario. Lo stato d’animo risente della postura, in senso positivo o negativo. Lo si può notare concretamente se per esempio quando ci si sente un po’ giù e si vuole provare a stare meglio, ci si raddrizza quasi automaticamente, si alza lo sguardo e si assume un portamento più eretto. La conseguenza quasi immediata è il sentirsi effettivamente meglio, tanto che si respira anche più profondamente e si prova un senso di maggiore sicurezza in se stessi.
La quotidianità ci incalza col suo ritmo serrato e abbiamo smesso di far caso a tutte le volte in cui siamo tristi ma non possiamo permetterci di pensarci. Siamo arrabbiati ma non ce lo concediamo, o siamo preoccupati ma non lo diciamo. Il corpo è portatore delle esperienze passate e del proprio vissuto, ma anche delle giuste risposte a molte domande.
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