Fabrizia Capurso – Psicologa Psicoterapeuta

Psicologia e Psicoterapia Cognitiva – EMDR

Perdonare: smettere di sperare in un passato migliore

La vendetta è un piatto che si gusta freddo. Chi la fa l’aspetti. Occhio per occhio, dente per dente. Quando subiamo un torto percepiamo la necessità o il diritto a un risarcimento. Come se l’unico modo per ristabilire l’equilibrio e ritrovare la pace sia vendicarsi. L’alternativa vista e sottolineata da quasi tutte le religioni è stata oggetto di studio negli ultimi anni per la scienza, che ha confermato i benefici della strategia opposta, quella del perdonare, sulla salute fisica e mentale. La ruminazione rabbiosa, la continua rievocazione del torto subìto, è dannosa e favorisce depressione, ansia, ma anche malattie fisiche.

Il perdono rappresenta la strada per la guarigione. Alleggerisce dal peso di persecuzioni interiori legate alla percezione di aver subito un torto. Rappresenta un’opportunità di salvaguardare le relazioni significative importanti per il benessere personale.
 Essendo l’uomo un animale sociale, come lo definiva Aristotele, è inevitabile che si trovi a coltivare relazioni. Tutte le relazioni sono esposte al rischio di fratture. Il perdono è un fattore protettivo contro tali fratture relazionali. Inoltre, se è vero che siamo biologicamente programmati a reagire alle offese con vendetta, è anche vero che è innata nell’uomo così come nei primati una propensione alla riconciliazione e alla cooperazione. Anche il perdono di sé è importante perché serve a smettere di punirsi, a mettere a tacere la parte autopersecutoria. Aiuta a combattere l’autocritica, spesso presente quando ci sono depressione, atti di autolesionismo e dipendenze. Può succedere che una persona si rimproveri per i propri disturbi, alimentandoli inconsapevolmente. Il perdono di sé sembra allora rappresentare la giusta strada terapeutica percorribile.

Il termine “per-dono” (in inglese “for-give”, in francese “par-don”, in spagnolo “per-dòn”) rimanda all’idea di un qualcosa che viene regalato, al perdonato e al perdonante. Trattandosi di un dono, è quindi un qualcosa che si da senza l’idea di ottenere in cambio di qualcos’altro. Nella nostra cultura il perdono non è un obbligo, ma un atto interno, autentico e spontaneo. Una scelta personale e non un dovere. Non implica la riconciliazione. È un atto tanto desiderato dal colpevole perché lo libera di una parte del senso persecutorio che qualcuno medita vendetta. Ugualmente il desiderio di vendetta sembra prolungare lo stato di sofferenza della vittima, che perdonando si alleggerirebbe di un peso non indifferente.

Come ci auto-sabotiamo

Spesso si ritiene, erroneamente, che condizione necessaria per il perdono sia il pentimento. È  una condizione facilitante il fatto che chi abbia commesso un torto sia sofferente, rammaricato, e pentito, ma non necessaria. Un’altra credenza erronea diffusa è che perdonare equivalga a rinunciare ai propri diritti da un punto di vista legale. In realtà il perdono riguarda una dimensione personale ed interpersonale che libera dalle pressioni dell’odio, del rancore e del desiderio di vendetta, ma non implica la rinuncia all’applicazione della giustizia. Perdonare non vuol dire dimenticare: altro equivoco frequente, anzi qualcuno perdona per levarsi l’ingombro della vendetta e dell’odio per dedicarsi in modo esclusivo alla propria sofferenza. Per questo motivo il perdono è un atto liberante anche per il perdonante. Perdonare vuol dire abbandonare il peso del risentimento inutile e tossico.

Il perdono rappresenta la strada per la guarigione. Alleggerisce dal peso di persecuzioni interiori legate alla percezione di aver subito un torto. Rappresenta un’opportunità di salvaguardare le relazioni significative importanti per il benessere personale. La strada del perdono può risultare difficile. Spesso il perdono è l’ultima cosa che vogliamo estendere a una persona che ci ha fatto del male. Vogliamo che sappia del dolore e della sofferenza che ci ha causato. Vogliamo che “paghi”. Eppure, se ci rifiutiamo di offrire il perdono, rimaniamo legati a quella situazione di malessere. Bisogna dire però che il perdono è un percorso molto faticoso, che attraversa diverse fasi e deve superare determinati ostacoli. Trovare la forza di perdonare consente di riappropriarsi della felicità e della libertà che spetta a ognuno di noi, e quindi, prendendo in prestito le parole di Tomlin, “smettere di sperare in un passato migliore”.

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    I luoghi comuni del "Sono fatto/a così" o del "Ho sempre fatto così" non vanno visitati. Apparentemente innocue, sono in realtà convinzioni bloccanti utili a rendere l'idea di esseri umani scolpiti nella pietra. Dietro queste frasi si nascondono paure del cambiamento, ma questo spesso significa accontentarsi di sopravvivere, invece che puntare al vivere pienamente. È come dire che siccome si è mangiato cibo spazzatura per anni e si è ancora vivi va bene continuare così. Si finisce col bloccarsi in una certa versione di se stessi e non c'è molto altro al di là di questa storia che ci si racconta, mettendo un punto fermo ed esonerandosi dal cambiamento, nonostante la scienza ci dica che il cervello, i pensieri e i comportamenti sono plastici. Ci si può evolvere sempre e a qualsiasi età. Ogni momento è buono per essere molto di più.- Dott.ssa Fabrizia Capurso ... See MoreSee Less
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