Dal tragico 11 settembre 2001, data che ha contrassegnato con un marchio riprovevole l’alba del nuovo millennio, il mondo e il nostro modo di vivere è cambiato. Nel corso degli anni, uno dopo l’altro, continuano a ripetersi atti terroristici, che ci fanno sentire inermi e vulnerabili. I mezzi di comunicazione raccontano nuove tragedie con un ritmo sempre più sincopato. Fanno parte di una quotidianità sempre più minacciosa ultimissime di stragi o atti terroristici veri o presunti.
Psicologia del terrorismo: le cause
Conoscere una minaccia ci porta difenderci, a prevenirla. Quali meccanismi l’hanno generata? Come può un essere umano arrivare a tanto? Cosa induce persone crescite in culture estranee a quella islamista, al fanatismo?
Ondate di immigrazione hanno messo a stretto contatto culture differenti, con la conseguente nascita di un senso di inquietudine. Inoltre disoccupazione di massa e fallimenti di istituzioni politiche creano incertezze. L’incertezza alimenta l’ansia che chiede immediate certezze, qualcosa in cui credere e cui aggrapparsi, con tutte le proprie forze. Anima e corpo. Le ideologie fondamentaliste rispondono bene a questo tipo di esigenza. Impacchettano una visione del mondo assolutistica e dicotomica. Pronta ad uso e consumo del terrorista o aspirante tale. Bene contro male. Fratelli contro nemici. Santi contro peccatori. Questo attecchisce sul terreno brullo della confusione di giovani combattuti fra loro conflitti interiori per le fasi di transizione della loro vita ed esigenze socio-culturali. In aggiunta a questo c’è la promessa di una grande ricompensa per il sacrificio di un eroe o un martire.
Consideriamo anche il bisogno universale di auto affermazione, di trovare un proprio posto nel mondo. Non c’è nulla di sbagliato se l’affermazione individuale passa per la strada stretta e tortuosa della non violenza. C’è chi ottiene una collocazione speciale per nobili attività attestate da grande impegno, come Gino Strada, Martin Luther King o Gandhi. Sembrerà strano in una società dove regna l’individualismo, ma c’è qualcuno che si prodiga per il bene dell’altro. Magari opera in maniera silenziosa e sotterranea. E c’è chi, in modo eclatante, trova più allettante il richiamo alle armi di un Califfato per affermare con violenza la propria posizione.
Le conseguenze
Le conseguenze di tutto ciò sono tristemente note a tutti. Per quanto si cerchi di condurre una vita normale, sembra che qualcosa abbia intaccato la capacità di fare previsioni. Le certezze sulla possibilità di controllare il mondo esterno risultano compromesse. Si è costretti a convivere con vissuti di impotenza.
Anche il più piccolo indizio di rischio può scatenare esiti deleteri se non drammatici. Chi si è trovato coinvolto nelle terribili scene di Torino potrebbe convivere con un senso di instabilità. Una sorta di predisposizione a qualche tipo di problematica ansiosa. Fortunatamente molti si salvano e non sempre ci sono gravi conseguenze psicologiche. Possono esserci intense reazioni emotive (rabbia, ansia, panico, paura, terrore, tristezza, depressione), cognitive (confusione, disorientamento, scarsa capacità di concentrazione), somatiche (insonnia, cefalea, stanchezza) e comportamentali (facilità al pianto, tendenza ad evitare luoghi affollati). Sono spesso lievi e transitorie. Tuttavia alcune persone direttamente esposte ad eventi come quello di Parigi, Nizza e Manchester, possono sviluppare un disturbo dello spettro dello stress. Vale la pena tenerne conto per liberarsi dalla minacciosa morsa di un senso di vulnerabilità ed un condizionamento inibitorio. Vale la pena restituire il senso della quotidianità a una civiltà attaccata nella mente.
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