Il narcisismo è sotto gli occhi e sulle labbra di tutti, sui social, dei giorni nostri. Ha origine dal mito di Narciso, nella sua versione più famosa, di Ovidio. È la storia dell’insensibilità del protagonista, che distrugge la Ninfa Eco, innamorata e non ricambiata, condannata a poter ripetere solo le ultime parole pronunciate della voce altrui. Il destino di Narciso è racchiuso nelle parole di Tiresia, che profetizza una vita lunga, a patto che non conosca mai se stesso. La vita dell’apparire, e non dell’essere. Narciso è l’esempio di come la bellezza può essere ritenuta così straordinaria da far innamorare di se stessi, da far vivere attaccati al proprio riflesso.
Il narcisismo inteso come cura di se stessi, l’amor proprio, la vanità, l’ambizione personale, rappresenta ciò che, nelle giuste dosi e concentrazioni, è normale e auspicabile in ogni individuo.
Il narcisista freme perchè ha un nuovo vestito o una nuova maschera, ma potrebbe essere qualunque cosa, e non vede l’ora di mostrarlo al suo pubblico. Si autocelebra con autoscatti in varie posizioni. I riscontri positivi arrivano e mentre l’ansia si placa, la sua coscienza continua a profumare di individualità. Pescatore di uomini, emana l’essenza di un uomo, o di una donna, per bene, incapace di dare amore, ma abile nel controllarne gli ingranaggi. La sua immagine diventa la sua prigione. Argina i propri spasmi eroici nei fiumi di parole. E mentre calpesta un cuore, tenta già di farsi spazio in un altro. Sarebbe difficile vivere senza indossare quella maschera del partner ideale, o i panni dell’uomo d’affari che guarda sprezzante i suoi rivali, o lo scudo sfavillante di un eroe d’altri tempi.
Per comprendere il narcisismo si può pensare ad una ferita di media entità: il dolore acuto impedisce di apprezzare i complimenti, anche se si dovesse trattare dei migliori mai ricevuti in tutta la vita. Il dolore sarebbe tale da non consentire di ascoltare e capire quello di una persona cara che confida di avere un grosso problema. Il funzionamento del narcisista è questo. La sua ferita interiore gli impedisce di capire il prossimo, di apprezzare sinceramente i complimenti ricevuti e soprattutto, di empatizzare con le emozioni altrui, con ripercussioni importanti sulla sua vita.
L’apparire della perfezione
Il perfezionismo è lo scudo usato per proteggersi o prevenire vergogna e senso di inadeguatezza. Standard di comportamento irragionevoli e ben al di sopra delle proprie possibilità convivono con una costante insoddisfazione. Ci si affanna incessantemente per conseguire obiettivi impossibili. Si misurano continuamente i propri meriti in termini di produttività e risultati raggiunti, lasciando la dimensione del piacere a rari momenti, per entrare più spesso in contatto con quella della performance. Il perfezionismo non porta al successo. Anzi lo ostacola, creando dipendenza, depressione e ansia perché paralizza nella paura di non fare abbastanza bene e distoglie dalla consapevolezza di sé e dei propri sogni. Il perfezionismo non rafforza l’autostima, ma la distrugge. Poggia su un sistema di valori autodistruttivo: la perfezione non esiste e quindi è un obiettivo irraggiungibile. Anche il valore non si misura per quello che è, ma alla luce del paragone tra superiorità e inferiorità degli altri.
Assenza di empatia e rispecchiamento
Nel narcisismo patologico le relazioni interpersonali sono al servizio dei propri bisogni. Non si può amare e nè rappresentarsi gli altri come persone dotate di bisogni specifici. Manca un vero interesse per l’altro, una reale preoccupazione per i suoi sentimenti, una reale comunicazione empatica. Lo si utilizza come strumento, per ottenere qualcosa utile per la sopravvivenza, come ad esempio l’ammirazione. La persona è talmente assorbita e innamorata di sé che l’interazione con l’altro è vista come estremamente pericolosa. L’arroganza, che è spesso l’aspetto interpersonale della grandiosità e dell’egocentrismo esasperato, crea un clima di conflittualità competitiva in cui molte persone sarebbero liete di veder umiliati i narcisisti. Il dolore e il vissuto di vuoto per “non sentirsi amati” secondo le proprie aspettative sono turbolenze emotive che straripano dagli argini intrapsichici ed interpersonali. Conducono a una sorta di anestesia emotiva che non permette di sentire emozioni, sentimenti, amore.
Il rispecchiamento manca. Prendendo in prestito l’immagine di Winnicott: “La madre guarda il bambino che ha in braccio, il bambino guarda il volto della madre e trova se stesso… a patto che la madre guardi davvero il piccolo essere irripetibile e indifeso, e non le proprie introiezioni, né le proprie aspettative, le paure, i progetti che architetta per lui, che proietta su di lui. In quest’ultimo caso, sul volto della madre il bambino non troverà se stesso, ma il bisogno della madre. Lui rimane senza specchio e trascorrerà il resto della vita a cercarlo invano”. Per costruirsi un sé e una coscienza servono riconoscimento e accettazione. Le attenzioni e l’interesse per gli altri si sviluppano attraverso interesse e reazioni affettuose ricevute.
Il narcisista è vittima delle circostanze: nessuno, potendo scegliere, vorrebbe nascere in questo modo, per essere, anche se socialmente apprezzato, dopotutto disprezzato o per sentirsi parlare male alle spalle.
Percorsi diversi con stesso esito
La devozione adorante di un genitore nei confronti di “Sua Maestà il Bambino” può essere deleteria. Se al bambino non vengono date importanti lezioni sul mondo reale, rischia di rimanere ancorato a una gloria effimera. L’aspettativa arrogante in età adulta è che gli altri siano in grado di portare avanti la tradizione, che cedano il passo o si facciano da parte mentre si può fare ciò che più aggrada. Se non si ottiene ciò che si crede spetti per natura si rimarrà sorpresi. Sul lavoro si da per scontato di avere a disposizione il posto migliore, l’attrezzatura migliore e una serie di vantaggi.
D’altro canto può capitare che non si cresca con l’idea di essere migliore, ma con la costante richiesta di esserlo. Uno o entrambi i genitori non amano per quel che si è veramente, ma in base all’aderenza al loro modello. L’immagine di sé negativa si tiene ben nascosta dietro a un ego ben nutrito. Non ci si può permettere di essere fragili né di poter esprimere liberamente questo aspetto di sè. Il lato debole non va mai mostrato: pena critiche e sudditanza.
L’aspetto programmabile, il software del narcisismo, si può acquisire anche più avanti. Alcuni mondi sono terreno fertile più di altri. Ottenute gratificazioni per il successo raggiunto nell’ambito professionale, alcuni narcisisti cominciano a pronunciarsi su questioni lontane dal loro campo. Stelle del cinema si sentono improvvisamente in grado di assumere una carica politica. Non sono però episodi sporadici a portare a una problematica evidente e conclamata, ma il loro ripetersi. Se si verificano le condizioni adatte, non è mai troppo tardi per manifestare tratti narcisistici.
Non è facile chiedere un aiuto specialistico: riconoscere di averne bisogno significherebbe ammettere una propria vulnerabilità. Un palcoscenico, la propria roccaforte dorata, lo sfavillio di una maschera, l’ammirazione e i traguardi, non garantiscono un’autentica felicità. La felicità si conquista quando si comincia ad accettare quella parte di sé che si nasconde a tutti gli altri, soprattutto a se stessi. Quella parte che non permette di guardare dentro il proprio dolore e la propria solitudine, né tantomeno di accettarli.
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